Cosa sappiamo, noi, del cuore di un altro? Il cuore è un posto infido, il cuore è una terra di serpenti. E un altro è sempre qualcuno che ci costringe a metterci in gioco. Ci destabilizza, ed è così difficile, specialmente adesso, restare saldi sulle proprie gambe, nell’equilibrio continuamente interrotto che ci ha imposto la pandemia.
Bene, e allora, che si fa?
Si guarda quello che si vede. Si giudica su quello che si vede. Non si perde tempo, né fiato, a cercare di scoprire quello che le foto e i video non mostrano.
Prendete la famosa foto vituperata dai social (e da alcuni commentatori) di Roman Pastore. Se cito il nome, magari non vi dice nulla. Ma la sua storia è una tendenza della rete, ormai da due giorni. Di certo, la conoscete. Roman Pastore ha 21 anni. Porta gli occhialini tondi del secchione che il resto della classe (quando si poteva ancora stare in classe) tiene a debita distanza, salvo poi impetrare che passi di nascosto la versione di greco.
È candidato nella Lista Civica Calenda a Roma.
Pubblica lui stesso un selfie dalla convention di Italia Viva a Ponte di Legno. Deve essere un timido, se la modesta analisi prossemica che foto e video consentono dice la verità. Spalle leggermente curve, cioè sono in imbarazzo. Un sorriso che è rimasto in gola, dalla paura di trovarsi lì, sotto i riflettori. Mano a mostrare il gesto dell’ok, con il pollice alzato. Un gesto da vincente. Che gli si ritorce subito contro. Perché, per farlo, il polso gli sguscia dalla manica ed ecco che l’orologio salta agli occhi.
Si capisce subito che è un orologio di lusso. Molto molto costoso. Prima lo scambiano per un Rolex. Poi risulta nei fatti un Audemars Piguet. Carissimo uguale e forse di più. Il povero Roman Pastore viene impalato sul posto, cioè in rete. La politica, certa politica, lo azzanna. E Pastore diventa una star.
Il problema è solo quello di capire quale segno gli va messo davanti: pollice verso? Pollice alzato?
A me pare una parabola. E mi pare che dica parecchie cose. La prima ormai l’abbiamo imparata: ogni selfie è un’arma. Fai attenzione, perché ti può uccidere da un momento all’altro, e tu nemmeno capisci perché. Ma è la seconda evidenza che questa storia ci mette sotto gli occhi, che mi interessa.
Dovendo rispondere a domande insistenti sul suo orologio, Pastore ha finito per raccontare che era di suo padre. Orfano da qualche anno, quindi rimasto senza il padre quando era appena adolescente, Pastore ha ricevuto proprio dal suo papà, in eredità, il famoso Audemars Piguet. Ed ecco che, come spesso accade nella vita, una bugia diventa verità e una verità diventa bugia.
Quell’orologio di lusso non è un orologio. È un sentimento. È affetto che resiste alla morte, è responsabilità, è conforto. È uno dei modi in cui chi ci lascia, sa restarci accanto.
È anche un oggetto di lusso. Un simbolo di appartenenza sociale. Qualcosa che stona al polso di un 21enne? Sì, secondo me. Ma adesso che so tutta la storia, e serve secondo me, sempre, su ogni tema, conoscere tutta la storia per formarsi la propria opinione, io, il ragazzo Pastore, lo capisco. Sta affrontando la prima vera sfida della sua vita. Lo sta facendo da timido (se non mi sbaglio). E vuole avere accanto suo padre. Sicché, quando dice ai giornalisti “Continuerò a portare quell’Audemars? Certo. È un simbolo dell’affetto di mio padre”, io lo capisco. E mi pare anche che abbia cambiato sguardo.
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